Umanista e uomo politico italiano. Dopo un breve periodo di studi universitari a
Perugia, nel 1448 si trasferì a Napoli al seguito di Alfonso d'Aragona ed
entrò a far parte del cenacolo poetico del Panormita (la futura
Accademia Pontaniana) con il nome di
Gioviano. Alla corte
aragonese fu dapprima precettore di Alfonso, figlio di Ferdinando I, e di Carlo
di Navarra, nipote del re, per intraprendere poi la carriera diplomatica e una
feconda attività di cantore delle imprese belliche della dinastia cui
dedicò l'operetta storica
De bello neapolitano. Partecipò
inoltre alla conquista di Otranto (1481) e, come diplomatico, trattò la
Pace di Bagnolo con i Veneziani (1484); nel 1486 siglò l'accordo con papa
Innocenzo VIII, pervenendo all'apogeo della sua carriera politica come
segretario del re. Occupata Napoli dalle truppe di Carlo VIII (febbraio 1495),
fu confermato nel suo incarico anche sotto il nuovo dominatore francese. Quando,
nel luglio dello stesso anno, gli Aragonesi tornarono al potere, il re
Ferdinando II gli affidò ancora qualche incarico di fiducia. Come
letterato fu un cultore della lingua latina, da lui ricreata per essere il
flessibile strumento della sua eterogenea produzione in prosa e in versi.
P. lasciò infatti trattati filosofici (
De prudentia,
De
fortuna), astrologici (
De rebus coelestibus), il
De sermone,
trattatello sull'arte di conversare e novellare. Notevoli soprattutto i cinque
dialoghi (
Aegidius, Actius, Asinus, Antonius, Charon) di argomento
scientifico o filosofico, interessanti non tanto per originalità e
profondità di pensiero, quanto per l'arguzia e il realismo delle
descrizioni della vita popolare, per la forza satirica con cui, nel
Charon, mette alla berlina i vizi del clero e denuncia le superstizioni
popolari. Per la ricchezza e la varietà degli aneddoti, il brio delle
scene e delle figure, queste opere in prosa sono soprattutto importanti come
documento della vita e della cultura napoletana alla fine del Quattrocento. La
facilità e la scioltezza dello stile, la grazia delle rappresentazioni,
unite a un senso pagano della natura e della bellezza, sono elementi
caratterizzanti delle opere in versi. Tra queste, i cinque libri
dell'
Urania, poema astrologico ricco di mitiche figurazioni, e la
Lepidina, egloga celebrativa delle nozze del fiume Sebeto con la ninfa
Partenope, dove sono rappresentati con vivacità luoghi di Napoli e scene
di vita popolare napoletana. Considerato il capolavoro di
P., il poema
elegiaco
De amore coniugali canta l'amore per la moglie Adriana, le gioie
e i dolori della vita familiare; di particolare rilevanza le 12
Naeniae
per il figlio Lucio. Accostabile a Poliziano per la ricercatezza e la padronanza
del mezzo linguistico, specie nelle poesie più brevi e immediate,
P. riesce peraltro a fondere il consumato mestiere dell'artista con una
sincera ispirazione sentimentale e umana. (Cerreto di Spoleto, Perugia 1429 -
Napoli 1503).